LEGACOOP AGROALIMENTARE - ALLARME PESCA: CON EOLICO OFF-SHORE -11,6% DI SUPERFICIE DISPONIBILE
Pesca e acquacoltura
Eolico off-shore: Legacoop
Agroalimentare, con la realizzazione degli impianti progettati 13.000 Km.
quadrati di superficie marina in meno (-11,6%) per le attività di pesca, con un
impatto sull'occupazione di oltre 4.000 addetti; effetti particolarmente pesanti
per i mari della Puglia Centrale e meridionale, della Sardegna Meridionale e
della Sicilia Sud-Occidentale.
Necessario ridefinire la
collocazione, anche inserendo le aree occupate dagli impianti eolici nelle aree di
protezione ambientale
Roma,
16 febbraio 2024 - La costruzione dei 67 impianti eolici off-shore progettati
nei mari italiani, con le geolocalizzazioni attualmente previste, sottrarrebbe
una superficie di circa 13.000 Km. quadrati alle attività di pesca
professionale, in particolare lo strascico, e di maricoltura, con inevitabili
ripercussioni sulla loro sostenibilità economica, in relazione ai volumi del
pescato e all'occupazione, producendo effetti particolarmente pesanti per le
marinerie attive nelle acque marittime della Puglia Centrale e meridionale,
della Sardegna Meridionale e della Sicilia Sud-Occidentale. Relativamente
all'impatto occupazionale, si stima una perdita di oltre 4.000 addetti -senza
tenere conto del ridimensionamento che subirebbe l'ampio indotto industriale e
commerciale- concentrati soprattutto nella Sicilia Sud-Occidentale (oltre 2.000
addetti in meno), in Puglia centrale e meridionale (-1.000), Sardegna
meridionale (-500). Seguono Romagna (-300), Lazio (-200), Calabria e Sicilia
Ionica (-200).
E' quanto emerge dallo "Studio di
ricognizione e approfondimento sullo sviluppo delle attività legate alle
risorse energetiche alternative (impianti eolici off-shore) e delle interazioni
con le attività di pesca e acquacoltura", realizzato dal Consorzio Mediterraneo,
struttura di ricerca aderente a Legacoop Agroalimentare.
L'eolico
off-shore riveste un carattere essenziale per l'obiettivo, indicato dal PNIEC,
di raggiungere entro il 2030 una percentuale di energia prodotta da fonti
energetiche rinnovabili pari al 30% dei consumi finali lordi relativi al nostro
Paese. A partire da questa valutazione, lo Studio prende in esame le
conseguenze che la riduzione della superficie marina utilizzabile conseguente
alla destinazione di spazi alla realizzazione degli impianti eolici off-shore
previsti produrrebbe sulle attività di pesca professionale, in particolare lo
strascico, e di maricoltura. Si tratta, come detto, di 67 impianti (compreso
l'unico per ora attivo in Italia, posizionato nella rada esterna del porto di
Taranto e insediato su una concessione di modeste dimensioni): 18 proposti per
la Sicilia, 18 per la Sardegna, 15 per la Puglia, 6 per la Calabria, 6 per il
Lazio, 3 per l'Emilia-Romagna. Tra l'altro, per molti impianti si evidenziano
aree di sovrapposizione, che sarebbe opportuno evitare avviando, prima della
definizione di nuovi impianti eolici in mare, un'attenta analisi sulle
autorizzazioni già concesse o in via di rilascio. Considerando che l'attuale
superficie marittima utilizzabile per la pesca a strascico e' di poco più di
112mila km², pari a poco più del 32% della superficie complessiva delle acque
marine italiane (oltre 350 mila km², dei quali quasi 200 mila interdetti alla
pesca a strascico), la riduzione di 13.000 km² determinata dalla realizzazione
degli impianti previsti significherebbe sottrarre un ulteriore 11,6% della
superficie dei mari di giurisdizione italiana utilizzabile per questo tipo di
attività. Un valore che può apparire trascurabile su scala nazionale, ma che
assume ben altro rilievo se si considera che gli impianti progettati non sono
uniformemente distribuiti lungo le coste italiane, ma fortemente concentrati,
sovrapponendosi su zone di mare fortemente sfruttate dalla pesca professionale.
Infatti, se si prende in esame la
fruibilità di superficie marittima per le GSA (Geographical Sub Areas, le aree
in cui e' suddiviso il Mediterraneo per la gestione della pesca) interessate
dalla futura costruzione di impianti eolici off-shore, i valori sono molto più
allarmanti. Ad esempio, per la GSA 16 (area marina della costa meridionale
della Sicilia) la riduzione della superficie per la pesca a strascico sarebbe
del 62,1%; per la GSA 18 (Mare Adriatico lungo le coste della Puglia) del
43,5%; per la GSA 11 (Sardegna) del 15,3%. A farne le spese sarebbero aree
frequentate da marinerie di estrema rilevanza per la pesca nazionale. In Sicilia,
ad esempio, le marinerie di Mazara del Vallo, Sciacca, Marsala, Trapani,
dovrebbero fare i conti con una riduzione della superficie disponibile per le
proprie attività di circa 2.680 Km2, per la localizzazione di 11 dei
18 impianti previsti.
In Puglia, i 15 impianti
progettati, distinti in tre raggruppamenti (6 localizzati al largo delle coste
del Gargano, del Golfo di Manfredonia e dei Comuni costieri della Puglia
centro-settentrionale; 4 al largo delle coste dei Comuni costieri della Puglia
centro-meridionale; 5 al largo delle coste più meridionali della Puglia e nel
Golfo di Taranto) determinerebbero una riduzione della superficie disponibile
di circa 3.550 km². Anche in questo caso, ne sarebbero fortemente condizionate
le attività di marinerie di grande rilievo. Per la Puglia settentrionale e
centrale, quelle di Manfredonia, Barletta, Molfetta, Bari, Mola di Bari,
Monopoli e Brindisi (379 imbarcazioni, pari al 28,8% del registro delle barche
da pesca e al 35,46% di quelle da strascico), attive in particolare nella pesca
a strascico. Per la Puglia meridionale, oltre che per lo strascico demersale e
profondo, si determinerebbe un intralcio pesante alle attività di tutta una
serie di marinerie (Otranto, Gallipoli, S. Maria di Leuca, Porto Cesareo) che
operano con palangari derivanti per la cattura dei grandi pelagici (pesce
spada, tonno rosso): attrezzi che possono rimanere in pesca per più di 24 h,
solitamente operativi molto a largo rispetto alla costa, e che una volta calati
in mare seguono l'andamento delle correnti e vengono direzionati da queste. Nel
loro tempo di pesca possono percorrere molte miglia nautiche verso direzioni
non prevedibili a priori e, nel loro percorso, potrebbero entrare nelle
concessioni degli impianti eolici con conseguenze disastrose per l'integrità
degli attrezzi.
In Sardegna, dei 18 impianti
progettati, 12 interesseranno soprattutto le acque prospicienti la costa
meridionale dell'isola (interessando batimetrie e distanze dalla costa che
soprattutto rientrano nell'operatività della flotta peschereccia abilitata alla
pesca costiera ravvicinata), formando una cintura di sbarramento di 1.572 km²,
pressoche' continua, per importanti marinerie, come quella di Cagliari e quella
di Sant'Antioco (la parte nettamente preponderante delle 541 imbarcazioni
iscritte al registro della pesca, che rappresentano il 43% delle imbarcazioni
da pesca dell'isola e il 54% di quelle da strascico).
Ridefinire la collocazione degli
impianti; le proposte di Legacoop Agroalimentare
In conclusione, pescatori
e maricoltori guardano con attenzione alle potenzialità della produzione di
energie rinnovabili attraverso l'eolico offshore, ma anche alle criticità, in
particolare la consistente sottrazione di superfici utili e le notevoli complicazioni
per quanto riguarda la navigazione, cui si aggiunge il rischio di un'ulteriore
forte limitazione alle attività per la presenza dei cavidotti per il trasporto
dell'energia a terra. Non a caso la Corte dei Conti europea nella relazione
speciale "Energie rinnovabili offshore nell'UE-Piani di crescita ambiziosi
ma rimane la sfida della sostenibilita"' sottolinea che "la coesistenza di
diversi settori con le energie rinnovabili offshore non e' ancora una pratica
comune: in particolare, in alcuni paesi dovrà essere affrontato meglio il
conflitto irrisolto con la pesca".
"Facendo tesoro delle
esperienze europee, di documenti recenti, e dell'esperienza di pescatori e
maricoltori - sottolinea Cristian Maretti, presidente di Legacoop
Agroalimentare- avanziamo una serie di proposte operative come base per un
confronto costruttivo con i decisori politici e le società del settore, a
cominciare da un coinvolgimento di tutti gli stakeholder nella fase di
recepimento e attuazione della Direttiva UE 2023/2413 per analizzare
attentamente, in fase di progettazione degli impianti eolici off-shore, le loro
interazioni negative con le attività di pesca basandosi non solo sui dati
A.I.S., ma anche e soprattutto su dati ed elementi conoscitivi che possono
essere forniti dalle Associazioni di Categoria e dalle marinerie". In
dettaglio, queste le proposte avanzate da Legacoop Agroalimentare: inserire le
aree occupate dagli impianti eolici nelle aree di protezione ambientale, ai
fini del raggiungimento del 30% delle aree marine protette richiesto
dall'Unione europea entro il 2030; interrare e proteggere i cavi di trasporto
dell'energia elettrica a terra, in modo da consentire alle imbarcazioni a
strascico di non interrompere le cale in loro prossimità; prevedere norme e
strategie per consentire la piccola pesca artigianale con attrezzi fissi, all'interno
delle aree occupate dagli impianti eolici; progettare canali per la navigazione
ed eventualmente anche per la pesca a strascico all'interno delle aree occupate
dagli impianti eolici; promuovere attività di maricoltura all'interno delle
aree occupate dagli impianti eolici e valutarne l'attuabilità sul piano tecnico
e legislativo; concordare con le Associazioni del settore e le cooperative di
pesca e acquacoltura le modalità per l'accesso alla raccolta dei mitili dalle
strutture immerse e ad altre eventuali forme di allevamento per favorire l'uso
polivalente delle zone in linea con gli obiettivi della Direttiva UE 2023/2413
sulla promozione dell'energia da fonti rinnovabili; promuovere una
comunicazione efficace sulle sinergie tra i settori di pesca/maricoltura ed
eolico offshore; accordi e protocolli tra
società elettriche di gestione e cooperative di pesca e acquacoltura.
Modalità di realizzazione dello
studio
Lo Studio e' basato sulla
geolocalizzazione degli impianti eolici in mare esistenti e di quelli
progettati, effettuata utilizzando i dati disponibili sull'archivio del MASE
poi trasposti su piattaforma GIS (Geographic Information System),
individuandone il posizionamento in relazione alle linee batimetriche, alle
linee di base e alla linea di individuazione delle acque territoriali. Per due
aree campione (Puglia centrale e Sardegna meridionale) sono poi stati
incrociati con i dati relativi alla consistenza effettiva della flotta di pesca
e dello sforzo di pesca dello strascico demersale per le imbarcazioni di oltre
15 m di lunghezza fuori tutto, utilizzando sistemi informativi di rilevamento
(AIS, Automatic Identification System).