Intervista di Agra Press a Giuseppe Piscopo

Notizie
24 maggio 2010

ANNO XLVIII - N. 159 martedi' 18 maggio 2010

INTERVISTA A GIUSEPPE PISCOPO, DIRETTORE  DI LEGACOOP AGROALIMENTARE

4984 - 18:05:10/09:00 - roma, (agra press) - La Politica Agricola Comune post 2013, e' al centro del dibattito in Europa. Anche i rappresentanti delle organizzazioni agricole e della cooperazione dei 27 stati membri, riuniti nel Copa e nella Cogeca, stanno affrontando la questione. In questa intervista il direttore di Legacoop Agroalimentare Giuseppe Piscopo, da' una valutazione della situazione e delle posizioni assunte con riferimenti anche alla attivita' della sua organizzazione sul fronte interno.

Copa e Cogeca hanno assunto una posizione comune sulla PAC post 2013. Come si e' giunti all'accordo tra dirigenti agricoli di aree tanto diverse?

Il documento sottoscritto a Bruxelles dalle oltre 70 organizzazioni degli agricoltori e delle cooperative europee costituisce un fatto di straordinaria importanza vista la rilevanza del dibattito in corso sul futuro della PAC per il dopo 2013. Essere riusciti a trovare una sintesi condivisa potra', senza dubbio, contribuire a far crescere il peso della componente agricola in una discussione che investe tutta la societa' europea. Non e' stato facile giungere a un documento unitario condiviso, ma, dopo quasi due anni di discussioni e di approfondimenti, ha prevalso in tutti un atteggiamento propositivo e costruttivo e l'obiettivo di avere un documento unitario a discapito di distinguo e sottolineature che ogni organizzazione avrebbe voluto ritrovare per soddisfare le proprie legittime aspettative.

La crisi economica ha favorito l'unita' di intenti?

Indubbiamente la crisi economica mondiale di questi ultimi mesi ha complicato il quadro di riferimento accentuando ed accelerando tendenze gia' in corso. Inoltre nel 2003, quando la precedente riforma era stata approvata, l'Europa era costituita da 15 paesi; quella attualmente in discussione riguarda 27 stati membri con la prospettiva, nei prossimi anni, di ulteriori allargamenti; gia' questi dati individuano molto bene la crescente complessita' della Politica Agricola Comune.

Quali sono i punti cardine dell'intesa?

Le cooperative e gli agricoltori europei hanno prima di tutto ribadito la necessita' di una Politica Agricola comune forte e corredata da un bilancio adeguato. Una politica che miri a garantire la sicurezza e la stabilita' alimentare rafforzando il ruolo della produzione; a consentire agli agricoltori di ricavare dal mercato un reddito equo e di contribuire a fornire alla societa' servizi aggiuntivi di interesse generale ai quali attualmente si attribuisce un grande valore. E assicurare che tutti gli agricoltori europei operanti nel mercato unico godano delle medesime condizioni.

Piu' nel dettaglio, quali sono i passaggi che proponete per raggiungere questi obiettivi?

Intanto, bisogna migliorare il funzionamento dei mercati, renderli piu' stabili e trasparenti. Occorre rafforzare la posizione degli agricoltori e delle cooperative nella filiera alimentare e introdurre misure tese a migliorare la posizione competitiva degli agricoltori e delle cooperative.

Rispetto al cosiddetto "primo pilastro", qual e' la vostra posizione?

Bisogna mantenere i pagamenti diretti nel primo pilastro, modificando pero' le modalita' di pagamento, e conservando i pagamenti destinati alle zone svantaggiate. Gli agricoltori e le cooperative devono essere destinatari di maggiori incentivi per essere protagonisti non solo della produzione, ma anche della salvaguardia e della riqualificazione territoriale e ambientale. Infine, e' necessaria una maggiore coerenza tra la PAC e le altre politiche europee.

In che misura questi punti coincidono con le strategie di Legacoop Agroalimentare?

Sono punti che condividiamo. Tuttavia, intendiamo portare altri contributi originali a livello italiano ed europeo. Dall'inizio dell'anno abbiamo creato uno specifico gruppo di lavoro dove sono impegnati tutti i nostri responsabili nazionali di filiera supportati dal contributo scientifico di due illustri docenti universitari come Franco Sotte e Angelo Frascarelli e dall'esperienza e dalla competenza di Mario Campli, consigliere del Cese, il Comitato economico e sociale. Stiamo svolgendo un'analisi attenta dei cambiamenti e delle evoluzioni nei singoli comparti produttivi per arrivare a formulare, in accordo con le altre centrali cooperative agricole, una nostra proposta di lavoro quale contributo alla Consultazione lanciata dalla commissione Ue.

Un esempio?

Stiamo valutando i possibili impatti nelle diverse filiere del meccanismo attualmente in uso nella OCM dell'Ortofrutta; e' un riferimento che ci piace come impostazione perche' riserva un ruolo centrale alle organizzazioni dei produttori e, quindi, anche alle cooperative. Anche in quella esperienza ci possono essere cose da migliorare e da correggere, ma puo' essere una buona base di lavoro.

Dall'insediamento della nuova struttura dirigente di Legacoop Agroalimentare, quali punti del progetto siete riusciti a realizzare e quali sono al centro della vostra attenzione per il futuro.

Negli ultimi mesi abbiamo realizzato due seminari interni di approfondimento dedicati ad altrettanti temi che reputiamo di interesse strategico per l'agricoltura italiana: l'aggregazione tra imprese e l'internazionalizzazione. Sono temi strettamente collegati tra di loro e vanno affrontati in modo contestuale. Il nostro sistema di imprese agroalimentari e' ancora oggi eccessivamente frammentato e cio' costituisce un freno allo sviluppo della presenza nei nuovi mercati che richiedono investimenti, conoscenze e competenze specifiche. Cosi' come i temi della ricerca e dell'innovazione, che costituiscono altri elementi di debolezza del nostro sistema e che richiederebbero un approccio di tipo aggregato.

Passi in avanti?

Per quanto riguarda cio' che possiamo decidere da soli, si'. Ad esempio, sul versante organizzativo, da gennaio e' operativo il Distretto del Nord che comprende gia' quattro regioni: Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia e stiamo discutendo su ipotesi di coordinamento sia a livello delle regioni del centro Italia sia dell'Italia meridionale. Piu' integrazione, meno sprechi, efficienza e maggiore competitivita' anche sul piano organizzativo servono per dare risposte positive alle aspettative di crescita del reddito dei produttori associati.

Come vede il futuro dell'agroalimentare italiano?

Se e' vero, come ci siamo sentiti ripetere centinaia di volte in questi ultimi mesi, che la crisi e' anche opportunita', allora siamo davanti ad una fase che ci potra' presentare delle grandissime opportunita'! Ma non sara' certo cosi' semplice ne' tantomeno scontato. Io credo che l'agroalimentare italiano avra' certamente un futuro e potra' anche essere un futuro con buone prospettive; molto dipendera' da noi, dalla nostra capacita', ma prima ancora dalla nostra volonta', di rinnovarci, di mettere in discussione un modo di fare impresa ancora troppo basato sul localismo. Veniamo da una storia che ci vede fortemente legati al territorio sia per quanto riguarda le produzioni sia per quanto riguarda i mercati di sbocco ma, mentre per la produzione dobbiamo e vogliamo mantenere ancora ben stretto quel legame, per i mercati dobbiamo necessariamente allargare i nostri orizzonti. E' uno sforzo enorme, perche' implica cambiamenti anche nel modo di gestire le imprese, perche' richiede investimenti e solidita' patrimoniale e finanziaria, ma e' un passaggio non piu' rinviabile.

NOTIZIARIO TRASMESSO ALLE 09:58

E' vietata la riproduzione totale o parziale e la distribuzione con qualsiasi mezzo delle notizie di AGRA PRESS, salvo espliciti e specifici accordi in materia con citazione della fonte.

I TESTI CITATI SONO DISPONIBILI CON RIFERIMENTO AL NUMERO DI NOTIZIA

Tel 0668806721 - fax 0668807954 - email agrapress@mclink.it




  Categoria:
Notizie