Fairtrade controcorrente, i consumatori premiano i prodotti equosolidali e la certificazione: nel 2008 le vendite nel nostro Paese sono aumentate del 20%

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27 aprile 2009

Una ricerca globale commissionata da Fairtrade Labelling Organizations (il coordinamento internazionale dei marchi di garanzia del commercio equo) con un campione di 14.500 persone in 15 paesi ha dimostrato che Fairtrade è in ascesa. La prima ricerca globale su Fairtrade dimostra che i consumatori si aspettano da parte delle aziende più attenzione ed eticità nella gestione del rapporto con i produttori dei paesi in via di sviluppo.
Almeno tre quarti dei consumatori intervistati credono che le aziende non facciano abbastanza ma che dovrebbero aiutare concretamente le comunità e favorire lo sviluppo nei paesi poveri. I consumatori stanno chiedendo un nuovo modello di commercio in cui la giustizia e l’equità diventino parte integrante degli scambi. I “consumatori etici attivi” (ovvero, coloro che oltre ad acquistare prodotti socialmente responsabili ne diventano promotori) sono più della metà del panel della ricerca. Questi consumatori hanno un’aspettativa molto alta rispetto alle responsabilità sociali, economiche e ambientali delle aziende. E la fascia dei “consumatori attivi” è più alta in Italia, rispetto agli altri paesi. image
La metà del pubblico, nei 15 paesi rilevati, ha molta familiarità con il marchio di certificazione Fairtrade.Di queste persone, nove su dieci hanno fiducia nel marchio, il 64% crede che Fairtrade possieda standard severi, una caratteristica che è strettamente correlata alla fiducia del consumatore. Almeno tre quarti dei consumatori crede che una certificazione indipendente sia il modo migliore per verificare le dichiarazioni di eticità di un prodotto. E l’Italia è al primo posto tra i paesi che ritengono la certificazione un plus imprescindibile per attestare la responsabilità di impresa.
Questo livello di credibilità e di fiducia è coerente con le scelte di acquisto, come mostrano i risultati di vendita dei prodotti Fairtrade: più 75% in Svezia, più 45% in Inghilterra, più 24% in Austria, più 20% in Italia (dove le vendite a valore sono stimate in 43,5 milioni di euro nel 2008 contro i 39 milioni del 2007). I prodotti più “performanti” nel nostro paese sono quelli composti (snacks, biscotti,ma anche semifreddi), uniti alla frutta fresca (l’ananas in particolare). Nel 2008 nuove insegne hanno scelto la certificazione Fairtrade per le loro private label: Dico (nella seconda metà dell’anno) mentre si annuncia l’ingresso di Conad e Despar nel 2009.
Cresce anche la percentuale di prodotto bio sul totale: circa metà delle referenze Fairtrade hanno anche la certificazione bio, a conferma di un’associazione spontanea tra responsabilità sociale e ambientale. “E’ molto incoraggiante vedere come l’impegno verso il Fairtrade sia molto forte in questo periodo di crisi, ha detto Rob Cameron, direttore di Fairtrade Lebelling organizations international che controlla il marchio di certificazione Fairtrade. I produttori hanno bisogno del Fairtrade ora più che mai. Devastati dalla crisi globale del cibo, ora diventano due volte più sfortunati a causa della recessione globale. Molti brand internazionali vedono inoltre in Fairtrade un investimento importante per il loro futuro.Tra questi Starbucks, Ben & Jerry’s e Cadbury”. Dalla ricerca emerge anche il punto di forza che ha contribuito al successo di Fairtrade. Accanto alle attività promozionali convenzionali, la sua distintiva efficacia di marketing viene dalla sua fedeltà, dall’affidabilità e dal supporto globale delle persone. Il 32%della gente ha conosciuto il Fairtrade tramite la famiglia, gli amici e i colleghi di lavoro,mentre il 16% ne ha sentito parlare attraverso la scuola, la comunità e i gruppi religiosi. Le trasmissioni televisive e i nuovi media contano per il 33% rispetto alla conoscenza del Fairtrade. Le persone vengono informate sull’uscita di nuovi prodotti e iniziative tramite i loro gruppi sociali di appartenenza e i loro contatti: ecco la chiave di espansione del Fairtrade. “C’è ancora molto da fare perché i prodotti certificati Fairtrade diventino sempre più visibili. Il nostro impegno sarà rivolto a rafforzare ancora di più il rapporto con i distributori in Italia e ad esplorare nuovi canali (la distribuzione automatica, le mense) e nuove referenze” ha affermato Paolo Pastore, direttore di Fairtrade Italia. Tutto da sviluppare in Italia ancora il cotone certificato Fairtrade, che per ora conta solo su sei aziende italiane licenziatarie e grandi potenzialità su un altro filone, come quello della cosmesi e della detergenza che attualmente coinvolge un’unica azienda licenziataria.




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