Intervista al Presidente di Legacoop Agroalimentare Giovanni Luppi

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9 marzo 2016

Intervista al Presidente di Legacoop Agroalimentare Giovanni Luppi

Di Letizia Martirano - A pochi giorni dall'Assemblea nazionale della Legacoop agroalimentare il presidente Giovanni Luppi riassume con la sua consueta passionalità, in questa intervista, i temi più importanti di cui si parlerà e le sue opinioni su diverse questioni.

 

Presidente qual e' lo stato di salute delle cooperative agroalimentari italiane?

 

"Un quarto del fatturato nazionale del settore agroalimentare proviene dal settore cooperativo. E' soltanto uno dei dati di un comparto che affronta la sfida dei mercati internazionali. Dati su cui riflettere perche', se i numeri parlano di un settore in salute, altri elementi indicano la necessità di un cambiamento.

 

In quale direzione?

 

Va invertita la tendenza tipicamente italiana alla frammentazione, alla polverizzazione delle imprese. E così, se le cifre del fatturato complessivo dell'agroalimentare cooperativo - 120 miliardi - sono eccellenti, non lo stesso si può dire per quelle del fatturato medio delle singole aziende. Il confronto con le più importanti realtà cooperative di alcuni paesi europei mostra ancora un'Italia piccola, e non sorprende che nella "top ten" europea delle imprese cooperative non ce ne sia nemmeno una italiana. Dalla fotografia delle 60mila imprese italiane di settore, emerge un "nanismo" che rappresenta ancora il nostro maggior ostacolo. Un limite questo confermato anche dal fatto che non c'e' nemmeno un gruppo alimentare italiano quotato in Borsa. Questo gap affonda le radici nella storia di queste aziende, che per tradizione sono sempre state imprese "chiuse", poco disponibili a mettersi in gioco all'esterno con una logica di alleanze.

 

Ci sono altri nodi da sciogliere?

 

Altra riflessione importante riguarda la storia politica delle cooperative. Nel dopoguerra le grandi centrali hanno seguito il destino dei partiti di riferimento: Legacoop e' stata sempre legata storicamente alla sinistra, Confcooperative alla DC, la AGCI ai partiti laici. Tutti questi partiti sono ormai scomparsi da 25 anni. Ecco perche' quella tripartizione non ha più molto senso, ed e' ora di pensare all'Alleanza delle cooperative. L'Alleanza deve servire "non solo a fare meglio rappresentanza, ma per produrre alleanze tra le cooperative". Questo, però sfatando un mito. La Legacoop non e' una holding di controllo delle imprese cooperative, ma una "centrale sindacale", caratteristica che a suo avviso dovrà mantenere l'alleanza.

 

L'unione in un'unica centrale cooperativa può essere la chiave di volta per la crescita cooperativa?

 

La scommessa dell'Alleanza delle cooperative si può riassumere in tre "I": integrare, innovare, internazionalizzare. In altre parole, liberare risorse per mettersi al passo ed essere sempre più competitivi sui mercati globali. La sfida e' tutta qui: aggregare per rafforzarsi e conquistare mercati. Si può immaginare una struttura confederata, con uffici unici, nella quale i vari settori manterranno un'autonomia politica. Insomma il presidente del settore agroalimentare dell'Alleanza dovrà essere eletto dalle cooperative agroalimentari e non nominato dalla centrale".

 

Come cambia la mission delle cooperative?

 

"Occorre ripensare la filosofia cooperativa. "Prezzo giusto alla qualità giusta" e' uno slogan che va rivisto, che non basta più. Oggi c'e' una polarizzazione dei consumi, figlia della scomparsa - o quasi - del cosiddetto ceto medio. C'e' una fascia di consumatori disposti a spendere molto per prodotti di alta qualità, e c'e' una fascia che invece spende pochissimo. I ragazzi oggi possono rinunciare alla bistecca a tavola, ma non rinunciano alla connessione internet. Allora la cooperazione dev'essere capace di capire e di essere in sintonia con la realtà storica che muta, col mondo che cambia da tutti i punti di vista, quello dei prodotti e quello delle abitudini dei consumatori.

 

Per esempio?

 

Per esempio oggi il latte e' in crisi, e' un dato oggettivo: le aziende di settore sanno che devono diversificare la produzione e spostarsi su altri prodotti, ad esempio i formaggi, che hanno più mercato all'estero. Le mutate abitudini alimentari - dieta vegana, alimentazione biologica, eccetera - vanno intercettate anche nella produzione. Anche a livello di distribuzione le cose cambiano: se trent'anni fa c'e' stato il boom dell'ipermercato, oggi torna di moda il negozio "di vicinato".

 

Lei parla di "prezzo equo", cosa vuol dire?

 

"Il concetto di 'prezzo bassò e' una categoria dello spirito, mentre quello di 'prezzo equò si può riempire di contenuti. Un prezzo equo e' quello che distribuisce il valore aggiunto lungo tutte le fasi della filiera, tenendo conto dei costi di produzione di ciascuno". La missione delle cooperative e' esattamente quella di garantire un prezzo equo ai propri soci. Nel 2014 il prezzo pagato dalle coop e' stato di 1,5 punti superiore a quello del mercato in generale. Una media che cela molte variazioni tra i diversi comparti, e va da punte del 15-20% per il vino a percentuali a una sola cifra per l'ortofrutta. Il fatto di dover tener conto della necessità di garantire un prezzo equo ai soci significa che dobbiamo essere molto più bravi" delle imprese non cooperative.

 

Tra i temi al centro dell'Assemblea nazionale c'e' il Sud, che idee avete?

 

Le cooperative devono aprire un tavolo per capire cosa si possa fare per le regioni meridionali. Anche al sud ci sono realtà eccellenti, che non hanno nulla da invidiare alle coop emiliane o a quelle settentrionali in generale. A realtà nazionali già presenti e forti nel Sud, come ad esempio Granarolo, Apofruit, Gruppo Italiano Vini e altre, chiediamo di collaborare per rendere ancora più forte la cooperazione agricola meridionale.

 

Qual e' il suo giudizio sulla politica del governo ed in particolare su quella agroalimentare?

 

Del ministro Maurizio Martina e' apprezzabile la volontà di mantenere aperto il dialogo con i corpi intermedi, non molto praticato dal resto dell'esecutivo. Al contrario invece la riforma delle BCC non ci e' piaciuta e non ci piace.


Fonte: Agra Press 




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